Il prezzo del “sì”

“Sì. Sì. Tre volte sì.” Orgoglio e Pregiudizio

In tempi in cui pensare con la propria testa può costare caro, gli yes man non solo sopravvivono: fioriscono. Dove il dissenso spaventa e l’uniformità è premiata, chi sa dire “sì” al momento giusto, con il sorriso giusto e la postura giusta… spesso fa strada.

Ne abbiamo una prova guardando quel che accade nel mondo e leggendo i giornali che ci raccontano di come agganciarsi alle persone ‘giuste’ porti al potere, al guadagno, al successo. Accade nei grandi scenari globali, dove il pensiero critico viene confuso con la ribellione e l’allineamento totale è premiato con visibilità, potere o almeno sopravvivenza.

E come ti senti quando leggi l’ennesima notizia in cui chi è nella stanza dei bottoni detta legge e fa muovere come burattini le persone che ha intorno? Prova a porre attenzione alle sensazioni fisiche ed emotive che ti si scatenano dentro, forse c'è qualche risonanza con quel che vivi.

Ma non voglio parlare di politica, quel che mi preme è osservare meglio questo fenomeno che non vale solo nei palazzi del potere o nei vertici delle multinazionali: vale anche nella nostra quotidianità.

Gli yes man proliferano, e spesso — anche senza volerlo — ci trasformiamo in uno di loro.

Ma chi è davvero uno yes man?

È colui (o colei) che annuisce, sempre. Sì alla missione impossibile. Sì anche quando non ha capito o ha un dubbio grande come un elefante. Sì all’opzione che sa già che non funzionerà, ma che “tanto poi ci pensiamo dopo”.

Uno yes mannon è semplicemente una persona accondiscendente: è un sopravvissuto, un mimetico, un mago del consenso. È un abilissimo giocoliere relazionale, uno che ha capito che dire “no” può essere rischioso. E allora annuisce. Sempre.

Il punto è: ma se ne rende conto?

Consapevolezza: scelta o automatismo?

A volte sì, certo che lo sa. Sa che dire di “sì” è la via più breve per evitare guai, per essere incluso, per ottenere fiducia.

Altre volte no. Molti yes man sono inconsapevoli. Hanno imparato, magari fin da piccoli, che il consenso è l’unica via per essere accettati, amati, valorizzati.

E così il meccanismo si automatizza. Non si pongono nemmeno più la domanda: “Sono d’accordo davvero?” Rispondono “sì” e basta.

Perché lo fanno?

Per paura. Per opportunismo. Per senso del dovere. Per bisogno di approvazione. O, semplicemente, perché sembra di non avere alternative.

Per paura di ritorsioni. Per bisogno di appartenenza. Per stanchezza: è più facile non mettersi di traverso. Per insicurezza: “Magari hanno ragione loro, e io sbaglio”. Per evitare discussioni, perché non c’è tempo.

E a volte lo si fa anche per gentilezza, per non creare tensioni.

E chi siamo noi per giudicare chi, per restare a galla, ha imparato a nuotare con la corrente?

Siamo proprio sicuri che qualche volta non abbiamo agito anche noi nello stesso modo? Ognuno ha le sue motivazioni e talvolta sono persino condivisibili, su questo non ci sono dubbi.

Eppure, dobbiamo essere consapevoli che il prezzo, alla lunga, si paga.

Gli effetti: dentro e fuori

Il problema è che, con il passare del tempo, lo yes man perde due cose fondamentali:

  1. La fiducia in se stesso perché dire sempre “sì” significa anche ignorare la propria voce interiore, allontanarsi dal proprio pensiero. Si diventa meno autentici, meno presenti. Col tempo, si inizia a dubitare delle proprie idee. A sentirsi vuoti. Invisibili.
  2. La fiducia degli altri perché, diciamolo, chi dice sempre “sì”... non lo ascolti davvero mai.

E sul piano collettivo? Un gruppo pieno di yes mandiventa sterile. Non cresce, non evolve, non crea.

Perché il vero valore nasce dallo scambio, dal confronto, persino dallo scontro (quello sano, ovviamente).

Ma attenzione: non confondiamo!

Dire “sì” con convinzione, dopo aver riflettuto, dopo aver valutato, dopo averci creduto... non è da yes man. È da persone coerenti, pensanti, responsabili.

C’è una differenza enorme tra l’accondiscendenza automatica e la scelta consapevole di aderire a un’idea perché ci si crede. Essere d’accordo con qualcuno, sostenere una visione comune, non è debolezza. È coerenza. È dire: “Ci sono. E ci credo.” Con il cuore, la mente, la pancia.

Quindi, al di là della stanza dei bottoni di qualche paese più o meno lontano dal nostro, credo che possa essere utile riflettere su cosa significhi essere uno yes man e a come faccia male alla salute personale e ai contesti collettivi in cui si vive.

La prossima volta che ti trovi a dire “sì”, fermati un attimo. Ascolta la tua voce interna. È davvero un “sì” il tuo?

Il mondo ha bisogno di voci vere. Non sempre allineate. Non sempre comode. Ma vere.

Vuoi iniziare un viaggio insieme per meglio comprendere ciò che non ti fa stare bene?

Lavoro sullo sviluppo della consapevolezza personale: la conoscenza ed accettazione di sé sono le fondamenta per trovare la spinta necessaria a raggiungere i tuoi obiettivi, superare i conflitti e i momenti di crisi che ti può capitare di attraversare.

 

Mara W. Cassardo

Professional Counselor

+39 3473443223

 

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