No, su, non scherziamo: anche il menestrello con lo storytelling? E a cosa gli serviva? Per la ‘Content Preparation’?
E già perché ormai lo storytelling è sulla bocca di tutti… gocce di storytelling su di noi (ricorda un po’ una pubblicità…)!
Sembra che non esista più nulla senza… pubblicità, digital marketing…
Anche in ufficio per convincere i clienti, o a casa per riuscire a tenere a bada i figli (ve lo assicuro, funziona!).
Ditemi una cosa sola in cui i suoi principi non possano essere applicati in maniera efficace (sono accettati solo esempi di contesto J).
Credetemi, non è una burla lo penso davvero! Come scrittrice non potrei mai scherzare su qualcosa del genere. Ma non perché sia stato inventato adesso: c’è sempre stato. Forse adesso è stato vestito bene, tradotto ovviamente in inglese (fa sempre più fico!) e proposto come elemento differenziante.
Ma se si doveva passare da qui per far riconoscere la sua importanza, be’ direi che possiamo accettarlo!
W le storie e la capacità di raccontarle (attenzione perché qui è nascosto un messaggio subliminale!)
È fondamentale non solo COSA si racconta, ma anche COME lo si fa.
Però dobbiamo fare qualche passo indietro, magari fino alla sua definizione; e quindi non resta altro che ‘sfogliare’ Wikipedia e partire:
‘Lo Storytelling è l’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva, specialmente in ambito politico, economico ed azienda’
Specialmente… ascoltate bene… quindi: non solo. E allora avevo ragione in quel che dicevo poco fa. L’arte di saper raccontare storie, facendole aleggiare tra gli ascoltatori così che possano sentirsene avvolti, la capacità di creare l’atmosfera giusta genera di certo coinvolgimento. Eccoci al punto!
Le storie ci hanno affascinato fin da quando eravamo bambini. Nelle storie si possono celare messaggi, buoni o cattivi che essi siano, tramite le storie ci restano più facilmente attaccati. Così le accogliamo e le facciamo nostre.
E allora per l’appuntamento di oggi poteva mancare uno straordinario protagonista? Assolutamente no!!!! Quindi ve ne presento uno fantasticamente straordinario.
Ho sempre trovato affascinanti i suoi racconti. Fantasia, teatralità, capacità di concentrare su di sé l’attenzione del pubblico… vi possono bastare come introduzione?
Adesso però taccio e lascio parlare lui. Benvenuto a Stefano Cavanna: l’Incantastorie.
Ben trovati a tutti voi.
Caro, innanzitutto cos’è un Incantastorie e cosa sono per te le storie?
Il termine nasce perché dovevo descrivere rapidamente la mia attività (il famoso “discorso da ascensore”) e visto che l’arte che pratico è quella di raccontare storie attraverso gli incanti della magia, ecco che è nato il nome, con un piccolo calembour, in omaggio all’amore che nutro per le parole. Venendo al secondo punto, cito Richard Adams, nel suo “La Collina dei Conigli”, che fa parte della triade dei miei romanzi preferiti: In una conigliera, più storie che cunicoli. Un coniglio non può rifiutarsi di raccontare una storia, più di quanto un irlandese possa rifiutare una scazzottata. Chiedendo scusa agli irlandesi, tuttavia credo che riassuma al meglio il mio modo di essere. Le storie hanno da sempre esercitato un fascino particolare su di noi, al punto da utilizzarle come sistema attraverso cui educare i nostri figli (ogni fiaba, favola o leggenda ha un significato particolare, nemmeno troppo nascosto che, secondo Bettleheim, i bambini recepiscono immediatamente), dunque non esagero nel dire che esse sono la malta che tiene insieme i mattoni della nostra vita.
Cos’è per te lo storytelling e come permea la tua vita? Per come ti conosco mi sembra che sia avviluppato saldamente…
Se non avessi nulla da raccontare, non avrebbe senso vivere. Non si fraintenda, non è una frase fatta o scontata da post glitterato su facebook; è la pura verità: nel momento in cui non avessimo più nulla da raccontare, saremmo finiti come esseri umani, perché significherebbe che non reputiamo interessante nemmeno la nostra stessa vita e, come dice James Matthew Barrie nel suo romanzo sul bimbo che non voleva crescere, vivere è l’avventura più grande.
Visto che le storie ci sono sempre state, perché lo storytelling sembra essere sbocciato in questi anni?
Perché abbiamo scoperto l’inglese. Vuoi mettere quanta differenza passa fra “insegnare ai dipendenti a raccontare storie” e “formarli sullo storytelling”? Al di là della battuta, penso che sia perché ci si è resi conto che la gente ha disimparato a comunicare. Si parla solo per brevi frasi (ora su whatsapp puoi addirittura mandare simboli che spiegano quel che vuoi dire, tipo pittura rupestre del nuovo millennio) e la rapidità di comunicazione ha reso l’uso della parola scritta o detta, banale, ridotto a conversazioni di servizio per organizzare qualcosa in cui o non si riesce a parlare per via della musica, o ci si preoccupa di più di scattare foto per immortalare il momento. Memoria e Pensiero, i due corvi che stavano appollaiati sulla spalla di Odino, sembrano aver abbandonato questi lidi. Tuttavia ne sentiamo, nemmeno troppo inconsciamente, la mancanza e dunque rimaniamo incantati quando qualcuno con buone capacità comunicative si rivolge a noi. Di fatto, insegnare storytelling, non è altro che aiutare la gente a ritrovare conoscenze che col tempo ha perduto, come i pensieri felici della storia di cui prima, quelli che fanno volare.
Perché le storie parlano al nostro inconscio? Parla forse un linguaggio diverso dal nostro?
No, semplicemente ha mantenuto l’aspetto animale dell’uomo, dunque usa un modo di comunicare più semplice e istintivo. Proprio per questo, è molto più potente della razionalità e noi lo sappiamo, l’abbiamo capito. Non ho usato a caso quest’ultima parola, perché voglio mostrare questo paradosso: noi creiamo le storie, cioè facciamo un lavoro razionale di costruzione della trama, dei personaggi, del messaggio che si vuole trasmettere, ecc., ma lo facciamo per poter parlare al nostro inconscio. Cioè, usiamo la razionalità per comunicare con l’irrazionale. Che sublime capolavoro l’uomo, non è vero?
Ho un po’ scherzato con il titolo, ma te lo chiedo per davvero, i menestrelli facevano già storytelling?
Secondo alcune fonti, “Menestrello” ha in sé la radice “Ministerium”, dunque si trattava di persone alle dipendenze di qualcuno, che dunque non potevano parlare liberamente, come invece potevano fare i trovatori o ancor più i giullari e i buffoni di corte. Se usati bene, i cantastorie pagati da qualcuno influente per divulgare determinate cose, potevano distruggere la carriera di un nobile o la sua reputazione. Esattamente quello che oggi succede sui social, solo che lì le bufale non venivano vagliate – posto che oggi si riesca a farlo in modo efficace – e si prendeva per vero tutto. Pensate alla sorte delle streghe. Quando si parla di mezzi di persuasione, si pensa sempre all’aspetto negativo, ma venivano usati soprattutto per quello positivo – secondo me per evitarsi guerre che nei tempi antichi erano all’ordine del giorno. Fin dai tempi dei romani, le famiglie nobili dovevano vantare discendenze divine o fatate. Qualche abile storyteller dell’epoca riadattò la vicenda di Melusina per giustificare la nascita della stirpe dei Lusignano ed ecco pronta una famiglia che discende niente meno che da una fata. Dunque, sperando di non incorrere nell’ira dei medievalisti: sì, i menestrelli facevano storytelling.
Adesso però tutto d’un fiato ci devi dire tutte le cose che fai. Trova una maniera artistica per raccontarcele
Un vagabondo mancino e con i capelli rossi si avvicina alle porte di una città, chiedendo di poter entrare. “In che cosa sei esperto?” chiede il guardiano “Sappi che chi è senz’arte non può entrare.” “Sono un attore. Mettimi alla prova.” “Noi non ti vogliamo, abbiamo già i nostri attori.” “Ma sono anche scrittore.” “Abbiamo già uno scrittore.” “Sono narratore di racconti.” “Questo non ci interessa, abbiamo già un narratore di racconti.” “Sono anche mago.” “Abbiamo maghi a volontà.” “Mettimi alla prova: sono un flautista e suonatore di chitarra.” “Niente da fare, abbiamo già un musicista.” Allora l’uomo disse al guardiano: “Vai a chiedere al re se egli ha un uomo capace di fare tutte queste cose insieme e, se ce l’ha, io non chiederò di entrare.”
Tutte le volte che guardo la tua pagina vedo fantastiche nuove ‘follie’, ho come l’impressione che tu sia sempre in movimento. Mi piace seguirti!
Perché allora non lo fate anche voi? Andate a sbirciare il profilo di Stefano… ma attenzione! Potrebbe capitarvi di rimanere avvolti dalle spire delle sue storie.
Buono storytelling a tutti!