Gli piaceva stare seduto su quella fontana, a gambe incrociate guardando le persone di fronte a lui.
Sapeva che osservare poteva portare a comprendere le persone. Non c’erano bugie nella comunicazione non verbale, soprattutto se l’osservazione non era esplicita.
E così vedeva chi era soddisfatto, annoiato, felice o triste.
I movimenti degli occhi, le smorfie del viso o anche i gesti delle mani erano utili indizi per interpretare chi era intorno a lui.
Un bel esercizio per chi come lui voleva capire e andare oltre.
E poi c’era lei, al di là della folla. Un caschetto castano e tante lentiggini in volto.
Era lei che voleva capire. Era lei che voleva indagare. Lo sapeva.
Iniziò a fissarla mentre lentamente mischiava le carte del suo colorato mazzo di Tarocchi.
E sapeva che sarebbe stato una calamita.
Non ci volle molto perché il suo sguardo iniziasse a vagare come attirato da una forza sottile che non riusciva a vedere. Occhi vispi che si muovevano.
E poi la densità dell’aria tra di loro aumentò. Gli occhi erano negli occhi. Questo bastava. Ma non era ancora pronta a quel tocco immateriale così forte. Rifuggiva. Scansava.
Sorrise tra sé e sé.
Non ora. Il momento sarebbe arrivato. Decise in un attimo di lasciare il Matto lì su quel gradino.
L’avrebbe trovato.
L’avrebbe aiutata.
E prima o poi avrebbe capito.