Quando ti risvegli?
Spesso vivi dormendo e neppure te ne rendi conto. Ma cosa sta dicendo, Mara? Ti chiederai...
Però rifletti. Ogni giorno lo stesso tratto di strada fatto nello stesso modo per andare a lavorare oppure la medesima routine quando ci si alza e ci si dirige alla propria postazione in casa. La settimana cadenzata da impegni che vengono incastrati uno nell’altro, sfruttando i minuti con l’attenzione sempre rivolta all’orologio e alla lista degli impegni in ogni lunghissima giornata. E gli impegni sono certo quelli lavorativi: una riunione dietro l’altra, nuovi task da svolgere, correre per svolgere quelli vecchi mentre la to do list si allunga e poi se riesci ad avere un po’ di tempo la riduci con soddisfazione. Il fatto è che spesso i ‘task’ sono anche al di fuori della sfera lavorativa.
Attenzione, con questo non voglio demonizzare a priori la comfort zone o la routine, si tratta di spazi utili che ti permettono di avere una zona di confidenza in cui essere più efficiente.
Il problema è quando vivi la routine anestetizzatə dalle esperienze che fai e dalla modalità con cui agisci.
Ti capita mai di guardarti intorno e di non riconoscere quello che hai vissuto? Magari ti maledici pure per il tempo che hai buttato. E il tempo non si butta quando stai eventualmente in ozio, così come il tempo non si guadagna per forza rimanendo nella zona del ‘fare’. E, lo so, sembra una contraddizione.
La differenza sta nella consapevolezza che metti quando vivi.
Faccio un passo indietro.
Ti è mai capitato improvvisamente di avere una sorta di lucida sensazione di esistere? Un piccolo attimo in cui sai dove sei, sai quello che stai facendo o addirittura ti sei resə conto della vita che stai portando avanti?
Uno spunto di risveglio.
La difficoltà è il tenerlo vivo affichè possa proiettare la sua luce su tutte le cose che fai comprendendo davvero come e perché le fai. Uno spunto di consapevolezza da curare e far crescere. Per questo dicevo che il problema non è la routine, ma la consapevolezza che metti in quello che stai facendo in modo tale che ogni attimo sia vivo e vero.
E come ogni spunto, dietro l’angolo c’è la possibilità che non faccia accendere nulla, che, se non colto, si dissolva in maniera improvvisa così come è arrivato tanto da non renderti più nemmeno conto di cosa sia successo. Potrebbe valere la pena allenarti a cogliere questi attimi, a riconoscerli, a provare a trattenerli.
Sì, perché l’incapacità di guardare in maniera lucida la tua vita (lavorativa o personale) eludendo il messaggio portato da quello spunto così delicato di risveglio potrebbe farti ripiombare nelle tenebre del sonno.
Ma quanta paura prendere consapevolezza di dove si è…
Ed è questo uno dei messaggi che si trovano tra le pagine di Ti prendo e ti porto via di Ammaniti. Sono principalmente Pietro, il Biglia e la professoressa Palmieri che ci fanno vedere l’effetto di quel bagliore e di quanta forza ci vuole per accoglierlo nella propria vita.
Prendere consapevolezza di te è il primo passo da compiere per far sì che le scelte che compi siano effettivamente in linea con chi sei davvero e con quello che vuoi. Altrimenti rischi di prendere decisioni dettate dagli altri, dalla società, dal ‘si deve fare’, per le quali un giorno, guardandoti indietro, non capirai neppure più perché le hai fatte.