Siamo misteri che si incontrano. Io, tu e tutte le altre persone che abbiamo intorno.
Certo la frequentazione o i rapporti familiari possono permettere di meglio conoscere chi ci sta accanto, ma una quota di ognuno di noi resta sempre ‘segreta’. Talvolta ci sono pure parti di noi stessi che non conosciamo bene ossia non ne abbiamo il giusto livello di consapevolezza. Se a questo si aggiunge che siamo in costante trasformazione immagini bene come il tutto possa essere estremamente complesso.
Partendo da qui prova ad allargare lo sguardo alle persone con cui hai a che fare tutti i giorni, con i diversi tipi di rapporto che possono esistere e immediatamente ancora una volta emerge l’immensità del mistero.
In un contesto lavorativo forse questa consapevolezza emerge in maniera ancora più forte. Decine di persone non solo con un proprio presente che cercano di vivere al meglio, ma anche con bisogni, paure e obiettivi che forse sono diversi dai nostri. E se aggiungiamo che in questo momento c’è anche una maggiore distanza fisica, la possibilità di conoscersi davvero è ancora più remota.
Conoscere l’altrə ci permetterebbe di interpretare comportamenti, reazioni, modulare allo stesso tempo il nostro comportamento per non risultare invasivi o semplicemente per provare a mettersi sulla stessa ‘onda’ perché, quando ci riusciamo, la comunicazione stessa si trasforma e può diventare più efficace.
A me personalmente, forse anche per i percorsi che ho fatto, piacerebbe moltissimo conoscere ognuna delle persone con cui intrattengo rapporti tutti i giorni. Forse succede anche a te. Ma è davvero possibile riuscirci?
Forse possiamo mettere più impegno, ma è comunque un’impresa immane, che peraltro non si risolve da un momento all’altro con la sola intenzione. Di certo è più fattibile con le persone con cui interallacciamo rapporti stretti o con chi è simile a noi. Ma in un contesto come quello lavorativo dominato da efficienza ed efficacia, in cui ‘velocità’ è la parola d’ordine e portare il risultato è un obbligo, in cui peraltro non tutti i rapporti sono connotati da ‘amicizia’, esiste davvero la possibilità di conoscere il mistero dell’altrə?
Dopo questa domanda puoi avere tre reazioni.
Rifiutare la possibilità che il tuo mistero possa compenetrarsi a quello dell’altrə e quindi andare drittə per la tua strada, magari accusando anche l’altrə di essere un ‘folle’ per le reazioni che ha o per le decisioni che prende.
Fuggire spaventatə dalla diversità del mistero dell’altro e dalla possibilità di entrarci in contatto perché potrebbe in qualche modo condizionarti impedendoti di essere quello che sei e che magari hai conquistato con tanta fatica.
Accogliere la diversità, senza giudizio e darti la possibilità di avvicinarti all’universo dell’altrə, accettando che se non è possibile conoscere il suo mistero, di certo è possibile in qualche modo almeno scorgerne piccole parti.
Le due prime reazioni sono le più semplici, perché non richiedono particolare fatica. Si rimane semplicemente dove si è.
La terza invece è una strada più impervia che richiede sforzo, che potrebbe non portare risultati immediati. Che da alcuni potrebbe allo stesso modo essere giudicata come incertezza, incapacità di prendere una posizione netta. Poco orientata al risultato. E se hai scelto la terza via, comprenderai anche chi ha questo tipo di giudizio.
Ma scegliere di accogliere la diversità dell’universo altrui porta risultati genuini, forse più lenti ma credo più duraturi. Perché si crea vicinanza e comprensione. Perché l’altrə non è più visto come un elemento inavvicinabile.
E questo succede perché la terza via è contraddistinta da una parola che per me è magica: empatia.
Si tratta della capacità di entrare in contatto con l’altrə come se fossi lui o lei ma senza confonderti e rimanendo te stessə. In una sorta di altalena avvicinarti al mistero di chi hai di fronte e poi avere la capacità di ritornare da dove sei partitə. E a ogni ondeggiamento riesci a comprendere un pezzetto in più così che quando ritorni ne sei arricchito.
Questa è un’altra parola magica, da non sottovalutare, perché a lavorare con l’empatia diventi più riccə.
E man mano anche se accetti il mistero, ne comprendi meglio tante singole molecole.
Usare l’empatia ti porta a viaggiare nella molteplicità delle esistenze, a capire il perché di certe scelte o comportamenti, a non fare sempre gli stessi errori. Questo non significa che ogni comunicazione sarà sempre perfetta, ma sarà migliore.
E poi c’è un altro aspetto da non sottovalutare, un’altra magia: usare l’empatia per meglio comprendere il prossimo ci può anche aiutare a comprendere meglio noi stessi. Ad aumentare la consapevolezza di chi siamo.
Ti sembra poco?
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