Partiamo col dire che lavorare sotto una certa pressione può migliorare le prestazioni e dare soddisfazione quando si raggiungono obiettivi impegnativi.
L’adrenalina è in circolo e dà una sensazione molto piacevole!
Non so se ti è capitato di sperimentare quella sensazione in cui riesci a essere più veloce anche nel pensiero, a macinare più informazioni, a svolgere più attività anche con elevata concentrazione. E quale soddisfazione porta? Immensa!
Esiste però un limite oltre il quale lo stimolo positivo si trasforma e la risposta diventa un abbassamento della performance, una difficoltà nello svolgere le attività, un diventare più lenti e confusi.
Ebbene, il problema si ha quando le richieste e la pressione diventano eccessive.
Chiariamo: lo stress non è una malattia di per se stesso, ma può causare problemi di salute mentale e fisica se si manifesta con intensità per periodi prolungati.
Facciamo prima un po’ d’ordine, partiamo dall’inizio, guardando meglio a cosa sia lo stress, da cosa sia causato e cosa provochi in noi.
Dunque, lo stress è la risposta "strategica" dell'organismo nell'adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, a cui venga sottoposto. Sostanzialmente si ha l’attivazione dell'asse ipotalamo-cortico-surrene e la produzione di glucocorticoidi.
Lo stress legato all'attività lavorativa si manifesta quando le richieste dell'ambiente di lavoro superano la capacità del lavoratore di affrontarle o di controllarle. Lo stress non è una malattia di per se stesso, ma può causare problemi di salute mentale e fisica se si manifesta con intensità per periodi prolungati.
Soffermandoci sullo stress in ambito lavorativo, e guardiamo dentro alle possibili cause. Si possono trovare situazioni disparate che vanno dalla quantità di lavoro da eseguire eccessiva oppure insufficiente, al tempo non adeguato per portare a termine il lavoro in maniera soddisfacente, dalla mancanza di una chiara descrizione del lavoro da svolgere, all’impossibilità di esprimere lamentele, dalle responsabilità gravose alla mancanza di collaborazione e sostegno da parte dei superiori, colleghi o subordinati, dalle Condizioni di lavoro spiacevoli alla possibilità che un piccolo errore o disattenzione possano avere conseguenze gravi.
Quindi davvero condizioni disparate che possono condizionare in modo differente la singola persona.
Va poi specificato che lo stress è un fenomeno dinamico: muta e cambia nel suo decorso. Spesso inizia in modo impercettibile per poi progredire verso fasi più serie, arrivando in alcuni casi a rappresentare un pericolo per la vita dell’individuo.
In generale, volendo dare una sequenza, sono riconoscibili tre fasi, una sorta di evoluzione del problema, che corrisponde al tentativo dell’organismo di adattarsi alla situazione in cui si trova a operare.
La prima fase dello stress è l’allarme. In termini generali, lo stress si verifica quando si affronta una situazione che implica una minaccia o un rischio. Di fronte a ciò, la normale reazione di un essere umano è quella di prepararsi all’attacco o alla fuga.
L’evento è anche accompagnato da una serie di manifestazioni fisiologiche, tra cui l’improvviso rilascio di adrenalina e di cortisolo. Quest’ultimo è detto “ormone dello stress”. La secrezione a lungo termine di queste sostanze può portare a seri problemi di salute.
In questa fase è importante delimitare e controllare l’effetto dello stimolo percepito come minaccioso. Quando la persona sperimenta quella paura improvvisa e intensa, deve fermarsi e prendere coscienza della situazione. Basta anche solo respirare profondamente, bere un bicchiere d’acqua e attendere un momento affinché il corpo si stabilizzi.
La seconda fase dello stress è la resistenza. Una volta ricevuto lo stimolo stressante, viene attivato un meccanismo biologico chiamato “omeostasi“. Si tratta di un meccanismo di autoprotezione e autoconservazione attraverso il quale il corpo tenta di recuperare il proprio equilibrio.
Tuttavia, a volte lo stimolo stressante permane, sia esso di natura reale o immaginario. L’organismo non riesce dunque a tornare allo stato di equilibrio e cominciano a comparire i primi sintomi tipici dello stress.
Questi includono affaticamento, difficoltà a dormire, irritabilità e malessere generale.
In questa fase il fattore di rischio è ormai percepito come stimolo più o meno fisso. Ancora una volta, l’importante è diventarne consapevoli. Non importa se non è possibile determinare esattamente la natura della paura. Lo stress stesso potrebbe bloccare questa capacità di autovalutazione. L’importante è agire; ad esempio facendo sport e dedicando più tempo al riposo. Sono entrambe attività che possono aiutare a superare il problema.
Se il problema persiste per un lungo periodo, si entra nella terza fase dello stress: l’esaurimento. In questa fase si parla già di un problema serio. Permangono tutti i sintomi precedenti, ma in maniera decisamente più intensa.
In questa fase è frequente la comparsa di malattie fisiche propriamente dette. Il disturbo più comune è la depressione del sistema immunitario con conseguente esposizioni a infezioni virali o batteriche. Sono comuni anche le emicranie, i dolori muscolari in diverse parti del corpo e un potente stallo emotivo.
Per chi si trova nell’ultima fase dello stress, il problema è molto più complesso. In questi casi è consigliabile consultare un professionista. Difficilmente sarà possibile schiarire la mente e le emozioni da soli. È necessario ricevere un supporto adeguato, poiché lo stress può comportare delle conseguenze importanti se non nocive giunti in questa fase.
E quindi qual è il limite oltre il quale l’efficienza diventa inefficienza? Dove la performance si trasforma in confusione?
Purtroppo non esiste una demarcazione netta che in maniera ingegneristica può essere determinata e misurata. Ma soprattutto anche se esistesse, non è uguale per tutti. Di certo ognuno ascoltando e conoscendo se stesso può identificare quale sia il momento in cui da una situazione positiva si passa invece ad una negativa.
Quindi rimaniamo in ascolto e capiamo i nostri confini. Mettiamoli alla prova, ma teniamoci pronti per fare un passo indietro. Per noi in primis, ma anche per l’azienda. Perché un ‘bollito’ non aiuta nessuno.